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BIOGRAFIA

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Foto di Enrico Borrometi

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Foto di Salvatore Mulfari

Messina, 1948

Formatosi da autodidatta, Serboli avvia la sua pittura su una linea figurativa. 

E’ il 1975 quando tiene la sua prima personale al Cineforum Don Orione, ma presto, grazie al contatto con gli scritti di Kandinskij, l’artista messinese si apre a nuove ricerche liberando la propria eclettica energia creativa.

Dalla fine degli anni ‘70 lavora con le tecniche più svariate a macchine figurative fatte di pittura, riproduzioni fotografiche, cornici intagliate e oggetti recuperati (Prime Donne, 1985). Ironia e gioco sono gli elementi della sua poetica potenziata da un senso pittorico vivace e di grande effetto.

Dal 1985 inizia la produzione di Paesaggi Recuperati, che compaiono per la prima volta organicamente nel 1988 in una personale alla Galleria “Il Mosaico”. Si tratta di tele su cui Serboli incolla pezze "sporcate" di colore cui aggiunge, a volte, inserti dei materiali più svariati. La serie dei Paesaggi sarà uno dei temi principali della sua produzione, su cui ritornerà a più riprese nel corso della sua carriera. 

Dagli anni ’90 la tensione pop-dada di Serboli si intensifica (No Fastfood, 1999), con esiti che interrogano, e in parte sembrano irridere, i mezzi e le pratiche dell’arte contemporanea. E’ il caso di Movi(e)ng Marilyn del 2002, dove un’opera di Rotella divenuta manifesto del Taormina Film Festival,  è inserita dentro una cornice il cui manico è rappresentato dalla stessa immagine della Monroe che, liberamente spostabile a destra e a sinistra, rimanda all’uso commerciale dell’immagine dell’attrice, icona felix della società dei consumi a dispetto della sua tragica fine.

Dal 2004 Serboli lavora al tema della donna con la serie Alma Venus, una ricca produzione di opere tra pittura e assemblage che riflette, con grande profondità, sulla condizione della donna contemporanea e il significato del femminino mantenendo le dinamiche avvincenti della sua ironia e la freschezza del suo pittoricismo.

Artista poliedrico, molto attivo anche nella promozione di mostre e di cataloghi, Serboli con la sua vivace, e a tratti spiazzante, ironia ben rappresenta lo spirito dell’arte contemporanea nel momento del suo apogeo e della sua massima crisi. 

Mosè Previti

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Un altro ampio filone è aperto dal tema dell’infanzia (Percorsi Apotropaici, 2007). In particolare il tema del gioco si offre ad infinite variazioni che ora si articolano sul registro della memoria, ora assumono valenze metaforiche sul gioco della vita. Qui il linguaggio di Serboli diventa più complesso. Dati descrittivi e simboli convergono a raccontare momenti dell’esistenza in un’ordinata disposizione di pittogrammi che rimanda al Klee degli anni di guerra. Sul ritmo scandito e regolare del gioco del campanaro o su quello più concitato e aleatorio del gioco dell’oca possiamo leggere in successione una molteplicità di cose visibili e non che ci rinviano ad altre numerose realtà. “Le cose – scrive Klee- hanno un significato più ampio e più vario, spesso in apparente contraddizione con l’esperienza razionale di ieri. Ci sforziamo di rendere razionale ciò che è casuale”. Il gioco dell’oca nelle sue splendide diverse varianti ha finito con l’assumere negli ultimi dipinti di Serboli la forma di un gorgo che, al pari di Cariddi, restituisce quello che prima ha ingoiato. Vale a dire la pittura restituisce, cercando di dare un ordine, quello che la vita inesorabile distrugge e divora.

Anna Maimone

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